venerdì 30 novembre 2012

Creare una tradizione?



Nella mia famiglia d'origine il calendario dell'avvento non s'è mai fatto. Però mi sembra una cosa carina. Mi sembra che possa aiutare i bambini a comprendere il senso dell'attesa, del tempo che scorre, del gusto di avvicinarsi piano piano ad un evento piacevole.




Io ricordo quando da piccola facevamo l'albero e il presepe, in famiglia. E quando la sera della vigilia si facevano (e si fanno ancora) i cappelletti a mano, tutti insieme intorno al tavolo. E' un momento bello, un momento di condivisione. Io ero/sono sempre molto emozionata. GF invece il Natale lo odia. Io non penso che i bei ricordi vadano costruiti artificiosamente. Le cose belle avvengono, e poi rimangono impresse o meno. Però quest'anno voglio provare ad inaugurare una nuova tradizione nella nostra famigliuola, e allora ho costruito il calendario dell'avvento. Che tra l'altro, tra mommybloggers, se non lo fai sei proprio una sfigata. Però non l'ho fatto per questo, giuro. L'ho fatto perchè Fagiolina ancora non ha molto chiaro lo scorrere dei giorni, e Nanetto ancor meno. E allora magari il calendario può aiutare.
E poi a me aprire una casellina al giorno, all'età dei miei bimbi, sarebbe piaciuto.

Ecco qua il nostro calendario, rigorosamente home-made, rigorosamente tutto riciclato. Costo: zero.


Non faccio il tutorial, è talmente facile che vi metto solo la foto dei materiali usati.


Ciao!

P.S: mi hanno detto che la forma ricorda quella di un fungo atomico... veramente l'intenzione era quella di fare un alberello! Vabè, però le scatoline secondo me sono carine!

lunedì 12 novembre 2012

Grandi e piccini di fronte ad una nuova lingua

In questi giorni, come scrivevo nel post precedente, stiamo iniziando una nuova avventura, quella di BilFam. Io e GF sgranocchiamo un po' di inglese da diversi anni (GF sicuramente meglio di me), anche se la non quotidianità con una lingua straniera arrugginisce sempre di più le nostre conoscenze. Entrambi abbiamo seguito il classico approccio tutto italiano a questa lingua: qualche corso pomeridiano durante le scuole elementari e medie, giusto per imparare qualche parolina, qualche lezione privata durante le superiori (a scuola abbiamo studiato il francese entrambi), qualche vacanza studio in Inghilterra o negli Stati Uniti. Oggi siamo entrambi capaci di leggere speditamente in inglese (tutti gli articoli scientifici sono in inglese, tutti i materiali informatici sono in inglese), riusciamo a sostenere una conversazione con qualche intoppo qua e là, riusciamo a scrivere in modo corretto ma con un lessico non troppo ampio. GF è molto più abile di me a comprendere film, o documentari o telegiornali in lingua originale, specialmente se American English, io spesso non gli sto dietro. Insomma, possiamo dire che l'inglese lo conosciamo, ma non ci sentiamo completamente a nostro agio a comunicare in questa lingua.
Vorremmo che i nostri figli invece fossero capaci di parlare in modo fluente e di comprendere anche le sfumature di una seconda lingua, e per questo stiamo tentando di stimolarli precocemente a comunicare in inglese.

Fagiolina alla scuola materna ha un'insegnante inglese madre-lingua con cui gioca ad imparare qualche nuova parola. Malgrado la maestra sia un pozzo di energia, l'approccio credo sia piuttosto tradizionale: un'ora di "lezione" alla settimana, e tutti i giorni qualche minuto di "ripasso"  per rinforzare ciò che si è imparato. Tutto naturalmente in forma giocosa, con canzoncine, flashcards, animazioni con marionette, ecc... Insomma, Fagiolina conosce alcune parole, ma non le usa per comunicare, non sa dire una frase intera in inglese, dice spesso "questo in inglese si dice così" o chiede "come si dice questa cosa in inglese?". E questo è ben diverso da sapersi esprimere in una seconda lingua. Per questo vogliamo iniziare il percorso di BilFam.

Devo però dire che avere un'insegnante madre lingua in età così precoce è una grandissima marcia in più per la pronuncia. Fagiolina quelle poche parole che sa le pronuncia in perfetto British English.
L'altra sera, ad esempio, ci fa (scusate i limiti della scrittura dei suoni... non ho una tastiera fonetica!):
-Mamma, babbo, come si dice in inglese "bere l'acqua"?
-Si dice "dj(r)ink uota" (=drink water)
-NOOO, si dice "giuink uota"!!
Io e GF ci siamo guardati, e abbiamo dovuto constatare che aveva ragione.
Si dice GIUINK, e non DJ(r)INK, come lo diciamo noi. Noi lo diciamo così, con quella R piccola piccola, cercando di non dirla (perchè John Peter Sloan ci ha detto che la R in inglese NON esiste) ma il nostro cervello ci dice che c'è, e ci rema contro e cerca di farcela dire anche se noi non vogliamo. E perchè il nostro cervello fa così? Perchè noi la parola DRINK l'abbiamo PRIMA letta, e POI pronunciata. E nel nostro cervello si è fissata così, con quella R scritta lì, e per quanto cerchiamo di non dirla, un po' ci viene lo stesso. Fagiolina invece, che non sa leggere, la parola l'ha solo sentita dalla sua insegnante inglese, e quindi la R non c'è. Punto. Lo stesso discorso vale per quella D iniziale.

L'altro giorno parlavo con mia sorella (insegnante) a casa di mia madre (insegnante), e le chiedevo come andasse l'apprendimento dell'inglese del mio nipotino, che fa la terza elementare.
-Che cosa ha imparato D. di inglese? sa dire qualche frase?
-Eh, no, non ancora. Sa qualche parola, qualche frase semplicissima, tipo "I am D....", l'alfabeto...
-Ma come? non ha iniziato da tre anni? e in tre anni ha fatto così poco?
-Eh, ma prima mica sapeva leggere e scrivere! Adesso che sa leggere imparerà...

Ma scusa... ma noi l'italiano l'abbiamo iniziato a parlare e capire quando abbiamo imparato a leggere e scrivere?? una lingua si impara ascoltandola e parlandola, mica leggendola e scrivendola!!

Ecco, se in Italia anche gli insegnanti la pensano così, quando mai i nostri figli impareranno una seconda lingua in maniera non scolastica? La tanto decantata riforma che portava l'inglese fin dalla prima elementare a che serve, se la lingua viene ancora insegnata come 30 anni fa?

Vado a giuincarmi un bicchiere di uota.