mercoledì 28 ottobre 2015

Tra l'incudine e il martello

Una decisione difficile da prendere: accettare una sostituzione che si prospetta molto faticosa, sia per l'impegno (tante ore, tantissimi pazienti e pure maleducati, orari assurdi di ambulatorio, difficile compatibilità con gli orari di guardie e quelli familiari) sia emotivamente (poca empatia col medico da sostituire, sensazione di sottrarre risorse alla famiglia). Pro: soldi (ma neanche tantissimi) in più, che in questo periodo le spese ci stanno soverchiando. Contro: tutto quanto detto sopra. Quanti sacrifici sono disposta a fare e quanti rospi a inghiottire pur di rispettare tutte le scadenze economiche? Vale la pena farsi mettere i piedi in testa? oppure, in fondo, si tratta di qualche ora di lavoro ogni tanto, e poi mi lascio le rogne alle spalle? Ogni volta che mi trovo di fronte a queste scelte mi dico: dai, proviamo, che sarà mai? e poi, quando sono in mezzo alla tempesta mi dico sempre che sono stata una sciocca presuntuosa a non dar retta ai consigli di colleghi e amici, e che non vale sottrarre risorse temporali ed emotive alla mia famiglia per qualcuno che non lo merita e per due euro in più.
Medici che ritengono di farti un piacere a concederti di sostituirli.
Medici workaholic che ti guardano dall'alto in basso quando dico che i miei bambini sono la priorità.
Medici che ti chiedono fedeltà assoluta e ti fanno richieste assurde.
In che casino mi vado a cacciare?
 

giovedì 8 ottobre 2015

Una notte da non dimenticare

Un turno così me lo ricorderò a lungo.
Ore 1,15 di notte.
Telefonata: "Dottoressa mio figlio di 3 anni respira male!"
Quante volte ogni giorno sento questa frase? E poi nella maggior parte dei casi è solo un po' di muco che ostruisce il naso. Un raffreddore.
"E' già successo l'anno scorso, all'ospedale mi hanno detto di fargli aerosol e Bentelan, io gliel'ho già dato, e in effetti mi sembra stia meglio..."
Cosa ti fa avere l'intuizione che è meglio non esitare, meglio andare a vedere di che cosa si tratta?
Potevo dire "Venga qui in ambulatorio" oppure "se sta andando meglio mi richiami fra 10 minuti e mi dice come va". Invece ho detto:
"Mi dia l'indirizzo, che vengo subito, voglio stare tranquilla"

E quando arrivo mi trovo di fronte alle immagini del manuale di emergenze respiratorie infantili.
Un bambino dell'età di mio figlio, che sforza tutti i muscoli che ha per riuscire a tirare dentro l'aria, il cuore che batte a mille per la fatica, gli occhi chiusi per la fame di ossigeno.
Un croup grave. E se vi va, sentite l'audio sulla pagina Wikipedia, mette paura.
Come ho avuto paura io. Ma non si deve mostrare la paura, sennò i genitori si spaventano e poi pure il bambino.

Ma il bimbo rantola, a momenti è molto agitato (segno di ipossia), a momenti tende ad addormentarsi (segno di ipercapnia), è pieno di rientramenti intercostali, il saturimetro dice 86%, la frequenza cardiaca arriva a 180.
Provi coi tutti i tuoi mezzi a disposizione: cortisone, broncodilatatore. Il bimbo è talmente agitato che mi morde un dito, fortissimo, me lo fa sanguinare.

Quanto ci vuole a decidere per chiamare i soccorsi? A rendersi conto che non si hanno mezzi a sufficienza?
Sempre troppo, sempre troppo, mi dico adesso, a posteriori.
Perchè per un momento mi sono fidata di quello che mi dicevano i genitori, che gli altri episodi si erano risolti facilmente, che comunque stava andando un pochino meglio. Per un momento ho pensato che ce la potevo fare.
Stanotte ci ho messo circa 10 minuti a capire che non bastavo.

"Pronto, 118? Sono la guardia medica, mandami subito l'ambulanza e l'automedica, ho un bimbo di 3 anni con laringospasmo, desatura, comincia a diventare cianotico, ho già fatto cortisone orale, intramuscolo e broncodilatatore!"

I volontari arrivano in 5 minuti, l'automedica dopo altri 5 minuti. Quando sei lì sembra un'eternità, cerchi di tranquillizzare bimbo e madre angosciata (giustamente), pienamente consapevole che ci vuole l'ossigeno, subito, e che tu non ce l'hai perchè sei solo la guardia medica e con te hai poco più che le tue sole mani.

La dottoressa del 118 arriva come un angelo salvatore, valuta subito la gravità della situazione, fa prendere una vena dall'infermiere, mette ossigeno con mascherina e reservoir, fa cortisonico in vena. Il bimbo risponde, ma poco.
Bisogna caricarlo subito e portarlo in ospedale.
Ci vuole l'adrenalina.
Ci vuole un ambiente protetto, non questa camera da letto.
Ci vuole la possibilità di gestire un arresto cardiocircolatorio, se necessario.

Quando escono, la dottoressa si volta verso di me e ci lanciamo uno sguardo da sopravvissute.
"mamma mia", le dico, volendo significare "quanto l'ho vista brutta!!"
"eh, ho visto", dice lei, volendo significare "hai ragione, era una situazione proprio brutta".
Ci ringraziamo reciprocamente.

Salgo in macchina.
Respiro 10 minuti, cerco di calmare il tremore delle mani.
Questa notte non me la scordo di sicuro.